Care socie e soci,
come sapete nell’assemblea dei soci del 2 luglio 2020 ho rimesso a voi tutte e tutti il mio mandato personale come presidente, durato per ben 11 anni dalla fondazione a oggi. È un passaggio che a lungo abbiamo preparato e desiderato, riempiendolo di significato: “La grandezza dell’uomo è di essere un ponte e non uno scopo: nell’uomo si può amare che egli sia una transizione e un tramonto. Io amo coloro che non sanno vivere se non tramontando, poiché essi sono una transizione”. (F. Nietzsche, Così parlo Zarathustra, Prologo, 4)
Lasciatemi anzitutto indirizzare un ringraziamento particolare ai miei consiglieri del Direttivo, quelli degli ultimi due mandati: Marco, Jamil, Annaleda, Federico. E insieme a loro vorrei ricordare i soci della prima ora, e quelli della seconda e terza: i fondatori che in buon numero hanno prolungato senza riserve il loro impegno per tutti questi anni, come formatori: Salvatore, Luciano, Andrea, Paolo, Luigi Vittorio. Ciò che APIS è oggi è frutto del loro impegno generoso e visionario, che posso testimoniarvi non è mai venuto meno.
Avrei voluto rimettere il mio mandato già nel 2017, per convinzione personale, forse perfino per estetica del gesto, ché APIS è a sua volta un progetto, un ponte teso verso il futuro immaginato per non tollerare alcun tipo di personalizzazione, ma molti dei più vicini mi suggerivano che non era ancora maturo il tempo. Ecco, il tempo oggi è maturo, e non posso non condividere con voi la profonda soddisfazione di questo passaggio generativo. Un minuto ancora, e la mia presenza in carica come presidente da risorsa si sarebbe trasformata in laccio, mentre ora è il momento di liberare le energie associative che con paziente cura abbiamo seminato e lasciato crescere in tutti questi anni. Se è vero che la radice etimologica di “autorità” è “augere”, far crescere, senza imbarazzo posso dire che il mandato che come Direttivo abbiamo esercitato è stato autorevole.
Mi pare di poter testimoniare che, in tutti questi anni, APIS ha tentato di essere “il cambiamento che voleva vedere nel mondo”. E perdonate la logora citazione, ma davvero partire da noi, mettere in questione noi, assumerci delle responsabilità autentiche per provare a essere poi un fattore di trasformazione nel contesto sociale è stato il senso profondo del nostro progetto associativo, dalle origini a oggi. Lascio la presidenza con la convinzione – ed è una parte non piccola della soddisfazione con cui mi accomiato dalla carica – che questo slancio, che mette in questione noi come soggetti e con noi il mondo che ci riguarda, prosegue come l’essenza più preziosa del nostro fare e operare, saldamento ereditato dal nuovo direttivo, ancora più ampio e rappresentativo e fecondato da nuove competenze, e dal nostro Presidente Jamil Amirian a cui va tutto il mio affetto, la mia stima e la mia personale gratitudine, sia per il supporto preziosissimo che mi ha dato in tutti questi anni sia per la disponibilità che ha manifestato con la sua preziosa candidatura.
Devo però richiamare a tutti noi che, per competenti e volenterosi che siano, né Jamil né tutto il nuovo Direttivo di cui mi onoro di continuare a far parte saranno sufficienti. Una responsabilità simile alla nostra, di essere agente di cambiamento sistemico per l’intero contesto del welfare pubblico e privato, può essere agita solo insieme, come comunità più che come individui. Questa solidarietà di comunità professionale è il primo e più prezioso dei tratti tipicizzanti il nostro agire associativo. Nulla si genera se non dalla generosità, e la generosità è contagiosa come pochi altri gesti interpersonali e gruppali.
Grazie socie e soci, ancora avanti, ancora insieme!