Care socie e cari soci,
sintetizzare una giornata campale come quella del 17 maggio 2019, attesa per anni, non è possibile, e credo nemmeno utile. Credendo di offrire un servizio in particolare per coloro che il 17 non sono potuti essere con noi, da qui in avanti pubblicheremo sia sulla nostra fan page Facebook che sul nostro Canale Youtube la ripresa integrale degli interventi al Convegno e delle interviste che sono seguite. Per il resto più che sintetizzare da qui in avanti occorrerà “approfondire”, “tesaurizzare” e “proseguire”…
Approfondire tutta la complessità che il nostro lavoro racchiude, e che la Norma UNI 11746:2019 ha solo tentato di circoscrivere; tesaurizzare i non pochi risultati raggiunti, di network, di visibilità del nostro profilo, di attenzione pubblica maturata, ed evitare che si disperdano per rivoli incontrollabili; proseguire nella direzione intrapresa, scegliendo con realismo tra le possibilità che si sono dischiuse il sentiero praticabile per il prossimo ciclo temporale: immagino uno o due anni in cui il nostro impegno si concentrerà sulla diffusione della Norma, sul suo recepimento nei repertori regionali delle competenze anche attraverso intelligenti alleanze con portatori di interesse solidi e credibili (esattamente come abbiamo fatto per raggiungere il traguardo della Norma), sullo sviluppo di processi e sistemi di certificazione delle competenze del progettista sociale se non diretti da noi almeno influenzati e controllati (per capirci: prima che lo facciano altri che di progettazione sociale potrebbero appena aver sentito parlare…), di approfondimento rigoroso della metodologia sociale soggiacente alla progettazione, che la Norma ha quasi soltanto evocato – credeteci: di più era proprio impossibile fare – magari all’interno di una pubblicazione scientifica seria di cui credo si senta bisogno. L’avete sentito il prof. Cimagalli? Di ricerca sulla progettazione sociale in letteratura praticamente non c’è traccia, e quel poco che c’è non viene dal lavoro di campo.
Voglio lasciarvi un’impressione, netta e fortissima, che ho avuto guardandoci da quella posizione un po’ spinosa, un po’ di privilegio che era il tavolo dei relatori da cui ho seguito tutto il Convegno. Un’impressione condivisa con la nostra moderatrice, Isabella Di Chio, che ha seguito con intelligenza i lavori, e con Martino Rebonato che, per chi ha potuto ascoltarlo, ci ha riservato qualche salutare cazzotto dritto alla bocca dello stomaco – chi non l’ha ascoltato si appunti di vedersi il video, anche solo per dire: non sono d’accordo – a proposito di metodologia e proceduralizzazione del lavoro sociale. Io non mi meraviglio più, ma loro erano sorpresi di una platea così numerosa, per un evento su un tema in fondo molto tecnico. Gli ho detto che noi rappresentiamo a nostro modo “l’ideale dell’ostrica”, di verghiana memoria; avete presente? Quella specie di ostinazione nel restare comunque aggrappati al nostro lavoro, alla sua serietà, alla sua dignità anche quando ci vuole essere strappato o sommerso in logiche e procedure che finirebbero per snaturarlo:
– Insomma l’ideale dell’ostrica! – direte voi. – Proprio l’ideale dell’ostrica! e noi non abbiamo altro motivo di trovarlo ridicolo, che quello di non esser nati ostriche anche noi -. Per altro il tenace attaccamento di quella povera gente allo scoglio sul quale la fortuna li ha lasciati cadere, […] mi sembrano – forse pel quarto d’ora – cose serissime e rispettabilissime anch’esse.
È per questo che eravamo in tanti. È per questo che, da quando ci siamo costituiti, l’Associazione pur in mezzo a molte fatiche non ha smesso di crescere: siamo una comunità di persone che vuol bene al proprio lavoro, e non si rassegna a farlo male. Adelante!